Z
A N Z I B A R
10
– 11 Dicembre 2013
Alle tre del
pomeriggio siamo in stazione, pronti ad iniziare una
settimana di dolce far niente al sole di Zanzibar.
Il nostro aereo parte
alle 23, ma poiché la prudenza non è mai troppa, siamo in fila al
check-in già alle 19,30 aspettando con ( poca ) pazienza l'arrivo
del personale di Phone & Go e Meridiana Fly, che con molta calma
metto in moto la macchina dell'imbarco.
L'aereo ha molti posti
vuoti ed in qualche modo si trova una sistemazione per passare la
notte e le ancor più lunghe ore del mattino, prima di posare i piedi
a terra verso le 8,15 del giorno successivo.
Semidistrutti dagli
scomodi e pessimi sedili dell'aereo, scendiamo a terra affrontando
una temperatura decisamente troppo alta, se confrontata allo zero di Milano dei giorni precedenti.
Dopo aver superato il
controllo per l'immigrazione, consistente nel versare la somma di 50
dollari a rapaci esattori.
Trattati peggio dei disgraziati che approdano a Lampedusa, ritiriamo i bagagli che ci vengono riconsegnati a mano con riconoscimento visivo, accompagnandoli alla prima di una lunga serie di mance, che proseguiranno continuativamente fino alla stanza d'albergo.
Trattati peggio dei disgraziati che approdano a Lampedusa, ritiriamo i bagagli che ci vengono riconsegnati a mano con riconoscimento visivo, accompagnandoli alla prima di una lunga serie di mance, che proseguiranno continuativamente fino alla stanza d'albergo.
Ci vuole più di un
ora di viaggio per arrivare in hotel, attraversando per 50 km.
l'isola, che durante il viaggio ci mostra tanta povertà e condizioni
di vita piuttosto precarie.
Non è certo una stanza
a 4 stelle quella che ci offrono, ma poteva andarci peggio, avendo
letto talune recensioni non lusinghiere.
Ci ha rincuorato la
vista di un bellissimo giardino, la cortese ospitalità alla
reception ed il buon funzionamento del condizionatore.
Accettiamo di buon
grado la semplicità della sistemazione e dopo il briefing di
benvenuto, un veloce primo pasto sotto un magnifico capanno tipico
zanzibarino a bordo mare, qualche foto scattata alla più bella
spiaggia bianca mai vista, “cerchiamo” di scendere in
acqua per un bagno veloce in un mare dai colori splendidi.
Ho detto cerchiamo
perchè in un veloce susseguirsi di eventi acquisteremo 2 escursioni,
2 portachiavi e fastidi per i prossimi tre giorni, come specificato :
- dall'incaricato dell'hotel il “Safari blu”
- da “Zucchero” l'escursione a Nakupenda
- n. 1 portachiavi tartaruga per Federico
- n. 1 portachiavi delfino con il mio nome.
Nulla di male, se non
che, chi doveva preparare la tartaruga ha incassato anche la quota di
chi doveva fare il delfino e che per i successivi tre giorni siamo
stati tormentati fino a quando l'intervento del boss di zona non ha
risolto il problema.
La spiaggia davanti
all'hotel è veramente splendida ed anche se infestata da ogni tipo
di venditori insistenti sino alla maleducazione, cattura subito
l'attenzione e merita ogni fotografia che sarà scattata.
Alle 20 cena a bordo
mare in un clima decisamente meno caldo e poi verso una dormita
ristoratrice.
Giovedì
12 Dicembre
Ci svegliamo dopo una
notte di buon sonno grazie ad un condizionatore rumoroso ma
perfettamente funzionante e dopo una colazione fatta più di sguardi
estasiati per la bellezza del luogo che di solido cibo, ci riuniamo
ai nuovi venuti della settimana per la visita al vicino villaggio dei
pescatori.
Non mancano le dovute
raccomandazioni sul comportamento da tenere, ma l'insistenza dei
ragazzini fa presto breccia nell'animo di tutti ed inizia la
distribuzione di caramelle, penne, quaderni e qualche moneta.
La povertà è davvero
tanta e lo spettacolo piuttosto avvilente, perché negli occhi spenti
dei bambini non si legge la spensieratezza o la gioia solitamente
presente in quelli dei loro coetanei, ma tristezza e solo negli occhi
di pochi c'è una scintilla che accende di luce lo sguardo.
Ci aggiriamo tra
capanne fatiscenti per strade sconnesse, mentre le mucche passeggiano
indolenti nei prati adiacenti le costruzioni che ospitano le scuole (
molto simili a stalle ) e quando, finalmente, raggiungiamo la
spiaggia lo sguardo si posa incerto tra il mercato del pesce dove un
“fortunato” pescatore sta cercando di vendere due piccole razze
ed altro pesce steso ad essiccare al sole su una spiaggia invasa
dalle alghe che il mare vi ha deposto.
Sulla spiaggia
incontriamo un ragazzo locale che non ci abbandonerà mai per tutti i
giorni successivi, accompagnandoci in tutte le nostre passeggiate e
ricevendo qualche dollaro di gratitudine.
In mezz'ora di cammino
arriviamo al faro posto all'estremità Nord dell'isola, dove troviamo
anche un malandato rifugio per tartarughe marine e più per elemosina
che per curiosità, entriamo al prezzo di 5 dollari a testa. In una
pozza di verde acqua salmastra nuotano una decina di tartarughe da 50
a 100 centimetri di lunghezza ed a lato sono “detenute” quelle
nate e catturate in spiaggia da tre a sei mesi prima.
All'estremità del piccolo giardino due gabbie contengono un'iguana e qualche coccodrillo di non più di un metro di lunghezza, mentre sotto una cadente tettoia staziona lo scheletro di una balenottera che in vita doveva essere circa una decina di metri.
All'estremità del piccolo giardino due gabbie contengono un'iguana e qualche coccodrillo di non più di un metro di lunghezza, mentre sotto una cadente tettoia staziona lo scheletro di una balenottera che in vita doveva essere circa una decina di metri.
Ritorniamo lungo la
riva godendo dei meravigliosi colori del mare ed acquistando
incautamente alcune conchiglie che dovremo abbandonare prima di
partire a causa del divieto di esportazione.
Pranzo, mare, piscina
ed una breve esplorazione della spiaggia sino alla tendopoli che i
Masai chiamano “mercato”, poi la cena ed appena cala il sole in
uno splendido colorato tramonto, ci avviamo lungo la spiaggia per una
breve esplorazione, incontrando sull'arenile il nostro instancabile
accompagnatore e facendo conoscenza con i Masai Jacopo e Holly.
Passeggiamo per un
paio d'ore tra le poco attraenti strutture ricettive vicine, bloccati
al ritorno dall'alta marea che ci impedisce il passaggio nei pressi
di una piattaforma aerea lanciata sulla spiaggia, che ci obbliga a
lasciare l'arenile e decreta la fine della giornata.
Venerdi 13
Dicembre.
Troppo desiderosi di
vedere gli alberghi da favola e le spiagge a Sud del Baobab, non
diamo molto peso ad un saggio anziano Masai che ci avverte dell'alta
marea imminente ed accompagnati dai nostri paladini, ci avventuriamo,
verso mezzogiorno, sull'arenile in direzione Kendwa, oltre il Vera
Club.
Mentre ammiriamo la
bellezza del panorama davanti alla Gemma dell'Est, ci soffermiamo ad
assistere ad un matrimonio di due giovani di etnia indiana ed a una
maldestra giocosa immersione della sposa in quelle meravigliose
acque, riuscendo ad intravedere, in lontananza, bianche spiagge
contornate da mare azzurro, senza poterci avvicinare oltre per
l'incombente alta marea che nel frattempo ha allagato la spiaggia.
Durante il ritorno,
quando giungiamo nei pressi delle scogliere dove stazionano i
venditori di quadri, ci accorgiamo che il mare ha decisamente
occupato tutta la spiaggia e che se prima eravamo passati a fatica,
ora Gisella non può affrontare il rischio di farsi male sulle
rocce.
Decidiamo di ritornare
via terra, accompagnati da un tizio arruolato ( per 10 euro ) come guida, che ci
conduce, per un sentiero attraverso la bassa e scarsa vegetazione,
fino alla strada principale da cui raggiungiamo l'ingresso del
Baobab.
Trascorriamo il resto
della giornata in perfetto relax dedicando un poco di tempo a
fotografare il giardino e l'enorme baobab a fianco della Direzione,
attenti a non scottarci al sole, in attesa dell'escursione, prevista
per il giorno successivo.
Sabato
14 Dicembre.
La sveglia interrompe
il nostro sonno alla 6,30 e ci ritroviamo puntuali ( primi ) con
altre persone ad aspettare “Zucchero” , uno del beach boys di
“Sindaco” che ci deve condurre a Nakupenda, l'isola che non c'è.
Un ora di viaggio fino
all'imbarco su un down locale, l'arrivo a Prison Island nel luogo
dove erano detenuti gli schiavi in attesa di essere trasferiti via
mare, la visita al parco dove sono custodite le enormi centenarie
tartarughe delle Seychelles, discendenti da una prima coppia, scomodo
dono di nozze per un notabile Tanzaniano e poi, dopo un altra ora di
viaggio per mare, l'avvistamento della splendente cresta del grande
banco di sabbia che emerge durante la bassa marea tra le isole
davanti a Stone Town.
La vista di questo
insolito, inconsistente luogo, perso in mezzo ad un mare con colori
dal bianco al blu intenso, con alcuni down appesi a dondolare al suo
fianco, è appena guastata dalle grandi tende che ospiteranno il
centinaio di affamati visitatori che affolleranno il posto.
Si resta rapiti dai
colori, dalle onde che frangono su entrambi i lati della lingua di
sabbia, creando vortici di spuma che invitano a tuffarsi in un acqua
cristallina e calda come il sole che qui batte spietato.
Frutta, molluschi,
gamberi ed aragoste sono il piatto del giorno, in un rito che si
ripeterà per tutto il resto della stagione per far si che chi giunge
a Nakupenda possa ricordare questo posto tra i più belli in cui
passare un giorno splendido.
Molti bagni dopo,
tanto sole dopo e tanta poca voglia di andar via, anche se ormai è
visibile che rimane poco tempo prima che il mare ricopra questo lembo
di sabbia, si rientra in hotel, pronti ad affrontare la trasferta del
giorno dopo per il “Safari blu”.
Domenica
15 Dicembre.
Stessa ora e medesima
procedura, anche se con qualche imprecisione da parte dello staff di "Kombino", incaricato delle escursioni per conto di Phone & Go.
Il viaggio di oltre
un'ora e mezza, schiacciati come sardine in un minuscolo pullman con
altri 7 avventurosi, non ci rende più bello l'approccio al down
ormeggiato al limite della bassa marea a quasi 500 metri dalla riva,
che riesce a prendere il largo dopo una brusca manovra a spinta.
Sbarchiamo, dopo circa
un'ora, su una lingua di sabbia ( più piccola di Nakupenda ), dove
sono state montate solo due fragili tende per il sole.
Mentre sto facendo
snorkeling sul vicino riff, carinamente popolato da coralli e qualche
bel pesce, mi accorgo che comincia a piovere e ritengo utile uscire
velocemente dall'acqua.
In poco tempo, ci
troviamo tutti ad evitare che la tenda prenda il volo ed a cercare di
ripararci il più possibile da acqua e vento, che per oltre un ora
imperverseranno su qual lembo di sabbia.
Al termine del piccolo
uragano, raccolti teli da bagno e vestiti bagnati, veniamo portati
all'appuntamento con i delfini, che non avvertiti a tempo, si
guardano bene dal farsi trovare lasciandoci a guardare un mare
imbronciato.
Dopo un rapido giro di
esplorazione ad una caletta dall'acqua verdissima, sbarchiamo su una
spiaggia dove sotto alcune capanne sono stati sistemati i tavoli
pronti ad accoglierci per il pranzo.
Dopo l'ultimo bagno, riprendiamo la strada del ritorno, un poco delusi, stanchi, accaldati
e scomodi, fino ad arrivare all'hotel, dove scopro di aver subito una
contrattura alla schiena, che peggiorerà di minuto in minuto fino ad
azzopparmi quasi completamente.
A cena molti inutili
consigli per la guarigione, mentre decidiamo di chiedere in Direzione
di procurarci un Taxi per andare al THE ROCK.
Otteniamo un
appuntamento per il pomeriggio del giorno dopo con un taxi che ci
porterà a destinazione per l'importo di 60 euro ( l'equivalente di
un mese di stipendio medio locale ) per esaudire un desiderio
maturato guardando le pagine internet di Zanzibar.
La giornata si chiude
andando a cercare qualche ora di buon sonno.
Lunedì
16 Dicembre.
Mi alzo in condizioni
disastrose, ma riesco, in qualche modo, ad arrivare alla tettoia del
ristorante presso cui rimango per tutta la mattinata a ciondolare,
spingendomi sulla spiaggia per un buon bagno.
Dopo pranzo, nel primo
pomeriggio, il taxi arriva puntuale, anzi in anticipo, per affrontare
il lungo viaggio ( due ore ) che attraverso tutta l'isola ci farà
arrivare a Mjchamvi, all'ormai famoso ristorante sulla roccia.
A lato della strada che
stiamo percorrendo si ripetono le scene di profonda povertà già
viste e che ci accompagneranno sino a destinazione, mentre il taxi
allunga mancette, più o meno legali, ad ogni posto di controllo che
incontriamo.
Nei pressi del
parco-foresta di Josani il nostro autista acquista una pannocchia di
granturco bollita e convinto di poter offrire una leccornia, mi tocca
assaggiare, non volendo essere scortese.
Sbuchiamo su una
spiaggia non molto ampia, non molto bianca, con depositi di alghe, ma
con la vista di un incredibile costruzione su una roccia calcarea a
fungo posta ad una decina di metri dalla riva : la marea sta salendo
e per arrivare a destinazione si prende una barca che staziona in
servizio lì davanti.
Dopo una breve sosta
al bar a far fotografie, accolti dal solito Masai e da un ciarliero
cameriere che parla un buon italiano, prendiamo la strada del
ritorno, fermandoci a Kiwengwa, dove troviamo una lunga spiaggia
corallina a semiluna, non così bella quanto quella di Nungwi, in
quanto interessata a forti maree e depositi di alghe.
All'arrivo in hotel
non sto più in piedi, anche se a cena incontriamo una coppia di
nuovi arrivati, con i quali scambiano le nostre esperienze, prima di
finire la giornata.
Martedì
17 Dicembre.
Ultimo giorno.
Ancora piegato in due
per i dolori alla schiena, arrivo alla spiaggia attendendo il ritorno di Gis, che accompagnata dalla nostra guardia del corpo, si avvia
lungo la spiaggia, dove continuerà a raccoglie cipree ed altre
conchiglie, non sapendo ancora di doverle abbandonare prima della
partenza.
Questa volta la sua
passeggiata arriva felicemente fino a Kendwa perchè, solo dopo
mezzogiorno, la marea ricomincia a salire.
Trascorre lentamente
la giornata fino all'ora di cena e dopo lo spettacolo degli acrobati
si va a preparare le valigie, cercando di dormire un poco prima della
sveglia alle 5,30-
Mercoledì
18 Dicembre.
Sveglia Masai,
colazione ed imbarco sul bus che ci porta a Stone Town dove, nel più
ridicolo aeroporto del mondo (peggio di quello di Nosy Be ), per riavere i bagagli è
necessaria la mancia.
La pesatura è fatta su bilance a stadera, i biglietti d'imbarco sono compilati a mano, le indicazioni dei voli sono scritte col gesso su una lavagna e si viene ammassati in un unico grande salone in una confusione assoluta.
La pesatura è fatta su bilance a stadera, i biglietti d'imbarco sono compilati a mano, le indicazioni dei voli sono scritte col gesso su una lavagna e si viene ammassati in un unico grande salone in una confusione assoluta.
Per fortuna, da buon
italiano, approfittando della disorganizzazione totale, ho
disubbidito al divieto di esportazione di conchiglie, nascondendone
alcune in tasca e riuscendo a salvare dalla distruzione gli esemplari
più interessanti.
Volo lungo e scomodo,
ma in perfetto orario.
Un treno dopo l'altro,
senza troppo aspettare, siamo rientrati a casa verso mezzanotte,
concludendo una meravigliosa settimana vissuta in un posto splendido,
quasi il paradiso.
P.s. :
- Non servono i dollari, se non per le tasse aeroportuali di ingresso ed uscita, meglio l'euro.
- A Zanzibar ho visto le spiagge ed il mare più bello.
- I beach boys battono l'organizzazione di Phone & Go
- Le zanzare non esistono, ma sono state rimpiazzate da tanti Zanzibarini.
- Il costo, viaggio ed escursioni comprese, non ha superato l'importo di 1.200- euro a testa.
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